sabato 19 settembre 2020

About "THE DEVIL ALL THE TIME" -Le strade del male-

 


 

Uscito soltanto in poche sale "selezionate" negli States e disponibile dal 16 settembre sulla piattaforma streaming Netflix (produzione originale), "The Devil all the Time" (tradotto in un debolissimo "Le Strade del Male" nella sua versione italiana) è uno psico-dramma che fonde spiritualismo, moralità e la "vocazione" naturale dell'uomo di tendere al "male", in una catena di eventi lugubri e violenti (a tratti disagevoli) degna di una pellicola dei fratelli Coen. Il film, diretto da Antonio Campos, presenta diversi schemi di montaggio (ellittico, discontinuo, connotativo), così come diversi sono i tipi di "male" rappresentati: fisico (il cancro), psicologico (traumi di guerra, bullismo, umiliazione), subdolo (la bugia, l'inganno sotto amichevoli spoglie) e la violenza (armata e non). Siamo negli anni cinquanta e all'interno di un'accuratissima spirale temporale ci viene presentato Arvin, figlio di un ex-marine di nome Willard (Bill Skarsgård) e di una cameriera (Haley Bennett). Willard, dopo aver perso la fede in seguito al trauma della guerra al fronte delle isole Salomone, cerca di riallacciare un legame con Dio attraverso un (progressivo) ossessivo ricorso alla preghiera. L'uomo forza anche il figlio alla devozione e lo educa spingendolo a non dimenticare i torti subiti dai bulli scolastici e ad attendere il momento giusto per vendicarsi. Come conseguenza del cancro che colpisce sua moglie, Willard diviene maniacale e perde il contatto coi valori terreni a fronte di una spiritualità che muta in un mostruoso e smisurato fanatismo. La poca lucidità causata dal dolore lo porterà a compiere azioni che cambieranno per sempre la vita di Arvin (Tom Holland interpreta Arvin divenuto adulto).
In parallelo (ma sempre in un'altalena spazio-temporale che troverà la sua quadratura solo nel "disordine-metodico" che conduce al finale) si sviluppano altre vicende come quella di Helen (Mia Wasikowska), donna "fedele" che si lascia ammaliare da un predicatore con manie di onnipotenza o di Lenora (Eliza Scanlen), la figlia che nascerà dalla conseguente unione dei due. Si narra inoltre la storia di Carl (Jason Clarke) e Sandy (Riley Keough), incontratisi in una caffetteria (poi divenuti marito e moglie) e con in comune la passione per una vita criminale fatta di adescamento, sesso e sangue. Che dire infine dell'untuoso reverendo Preston (Robert Pattinson), senza pietà nei confronti dei più umili peccatori ma assai solerte nel peccare a sua volta; dispensatore di acclamate "prestazioni orali" in chiesa (ma anche ben disposto a subirle di ben altro "stampo" in privato) e pronto a calarsi con sessuale devozione nei panni dello "spirito santo" con giovani e ingenue "pecorelle smarrite" lontano da luoghi sacri e sguardi indiscreti.
Insomma, il film caratterizza immediatamente bene i personaggi principali, rivelando poco a poco i dettagli delle vite di chi gli orbita intorno verso un inesorabile destino. Come in un Pulp Fiction o in Fargo, le storie s'intrecciano (puntini di un gioco enigmistico che vengono uniti) e il disegno più grande appare chiaro, indefinito solo nei tratti dove la razionalizzazione non riesce a giungere.
Qualche licenza poetica horror, Campos se la prende, inscenando gli atti finali di ogni vita che la "mietitrice" si prende con sangue freddo e caldo (talvolta con macabra ironia), tra sgomento e risate amarissime, in un contrasto di dolce e fiele metaforicamente simile alla marmellata della torta (così simile al sangue ma così saporita) spalmata sulla faccia del piccolo Arvin nel giorno peggiore della sua vita.
La religione della peggior specie, quella bigotta e repressa, si arroga il diritto di dettar legge morale predicando così così e razzolando malissimo. Stesso dicasi della legge, quella stellata dello sceriffo, altra persona double-face, veloce a premere un grilletto per proprio tornaconto. Sostanzialmente un film nel quale è il caso (vero Deus ex-machina) a farla da padrone. Per caso (un banale scambio di posto) s'incontrano Carl e Sandy ed è per lo stesso caso che Willard s'innamora di Sandy. Sempre il destino, da buon burattinaio, decide quale macchina ci darà un passaggio, quale secchio perderà l'equilibrio al momento sbagliato, quale rivoltella è caricata con proiettili veri. In questa suggestiva storia che mostra come il "diavolo" si annidi ovunque e sia sempre presente (anche nei migliori intenti), il male si rivela essere insito nell'essere umano (piccola o grande parte complementare) a prescindere da ciò in cui egli crede o dall'amore che sa dare.
Il cast ricco di grandi volti e di piccole perle emergenti (tutti davvero bravi) valorizza una storia disgraziata che assume valore nella maniera in cui ci viene proposta (voce narrante di D.R. Pollock, l'autore del romanzo ispiratore, è perfetta) e trova fondamenta nelle varie prospettive dei personaggi. Due ore e quindici minuti durante le quali il film continua, nel suo ansiogeno percorso, a "torturare" (in senso cinematografico) lo spettatore senza "sgasate" improvvise, rallentamenti o brusche frenate: ad accelerare e fermarsi sarà solo il respiro di chi guarda.


 

sabato 12 settembre 2020

About "THE VIGIL"

 

 


The Vigil è un film horror, prodotto dalla Blumhouse, che segna il debuto in regia dello sceneggiatore Keith Thomas. Le vicende in esso narrate ruotano attorno a una piccola comunità ebraica tra religione, superstizione e tradizione. L'usanza di famiglia è quella, a seguito di un decesso, di nominare uno shomer (che sia un amico o un parente) disposto a vegliare sul corpo del defunto con lo scopo di proteggerne l'anima durante la prima notte di lutto. Le persone sole possono ricorrere a uno shomer mercenario al di fuori delle loro conoscenze. Per questo, il rabbino Shulem ingaggia Yakov (giovane in cerca di cambiare vita, fragile, insicuro e bisognoso del denaro offertogli) per fare da "sentinella" all'anima del defunto Rubin. In casa durante la notte resteranno solo lui e l'anziana vedova (affetta da demenza senile). Non appena il rabbino li lascia soli, iniziano a risuonare nel piccolo appartamento rumori sinistri e ad accadere strane cose in un progressivo degenerare che renderà la nottata di Yakov ben più lunga di quanto avesse immaginato.
Una storia legata al folclore, mistica ed etnica che ha dalla sua un inizio (dapprima) un pizzico seducente, (poi) addirittura conturbante, ma che si smarrisce nei soliti luoghi comuni dell'horror moderno. Il film, pur giocando bene con i "conflitti" tra percezioni e realtà (grazie anche ai precedenti psichiatrici del personaggio di Yakov), prepara una buona struttura per un finale assai debole e "macchiato" da un semplicismo che non sembrava impossibile aggirare. Mentre la storia prettamente ebraica funziona bene, la parte più spaventosa s'ispira (forse copiando un pochino) a film come Oculus e Nightmare ed è presente una scena di un certo peso che nella "concezione" (non solo a me) ha ricordato l'altrove di Insidious. Da salvare sono l'idea dell'anziana con deficit cognitivo (che la rende una vera "mina" vagante nella sceneggiatura) e la fotografia a tinte calde e lievemente offuscate che rende angusti spazi chiusi e marciapiedi della periferia di Brooklyn. Nel mezzo, qualche Jump-scare (ormai il "covid" del cinema horror) e una piccola parentesi sentimentale (più o meno efficace) utile soprattutto a mostrare le fragilità di Yakov.
Non è un film da budget colossale ma credo ci si potesse impegnare un tantino di più.