sabato 12 settembre 2020

About "THE VIGIL"

 

 


The Vigil è un film horror, prodotto dalla Blumhouse, che segna il debuto in regia dello sceneggiatore Keith Thomas. Le vicende in esso narrate ruotano attorno a una piccola comunità ebraica tra religione, superstizione e tradizione. L'usanza di famiglia è quella, a seguito di un decesso, di nominare uno shomer (che sia un amico o un parente) disposto a vegliare sul corpo del defunto con lo scopo di proteggerne l'anima durante la prima notte di lutto. Le persone sole possono ricorrere a uno shomer mercenario al di fuori delle loro conoscenze. Per questo, il rabbino Shulem ingaggia Yakov (giovane in cerca di cambiare vita, fragile, insicuro e bisognoso del denaro offertogli) per fare da "sentinella" all'anima del defunto Rubin. In casa durante la notte resteranno solo lui e l'anziana vedova (affetta da demenza senile). Non appena il rabbino li lascia soli, iniziano a risuonare nel piccolo appartamento rumori sinistri e ad accadere strane cose in un progressivo degenerare che renderà la nottata di Yakov ben più lunga di quanto avesse immaginato.
Una storia legata al folclore, mistica ed etnica che ha dalla sua un inizio (dapprima) un pizzico seducente, (poi) addirittura conturbante, ma che si smarrisce nei soliti luoghi comuni dell'horror moderno. Il film, pur giocando bene con i "conflitti" tra percezioni e realtà (grazie anche ai precedenti psichiatrici del personaggio di Yakov), prepara una buona struttura per un finale assai debole e "macchiato" da un semplicismo che non sembrava impossibile aggirare. Mentre la storia prettamente ebraica funziona bene, la parte più spaventosa s'ispira (forse copiando un pochino) a film come Oculus e Nightmare ed è presente una scena di un certo peso che nella "concezione" (non solo a me) ha ricordato l'altrove di Insidious. Da salvare sono l'idea dell'anziana con deficit cognitivo (che la rende una vera "mina" vagante nella sceneggiatura) e la fotografia a tinte calde e lievemente offuscate che rende angusti spazi chiusi e marciapiedi della periferia di Brooklyn. Nel mezzo, qualche Jump-scare (ormai il "covid" del cinema horror) e una piccola parentesi sentimentale (più o meno efficace) utile soprattutto a mostrare le fragilità di Yakov.
Non è un film da budget colossale ma credo ci si potesse impegnare un tantino di più.

2 commenti:

  1. Il JumpScare come covid del cinema horror, ahah, fantastico!
    Abbasso i JumpScare e viva il cinema di paura all'italiana, old style :)

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    1. Parole sante! Il rumore non è paura ma semplice spavento. E qui cito Freud (cosa che non faccio mai) dalla Treccani:
      -Freud nei suoi scritti distingue tra la paura, che «richiede un determinato oggetto di cui si ha timore», l’angoscia, che «indica una certa situazione che può essere definita di attesa del pericolo e di preparazione allo stesso, che può essere anche sconosciuto», e lo spavento, che «designa lo stato di chi si trova di fronte a un pericolo senza esservi preparato, e sottolinea l’elemento della sorpresa».-

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