giovedì 1 maggio 2014

Cuciture


Stringevo il volante
e immaginavo le indicazioni certe verso un respiro lungo...
uno svincolo,
una scorciatoia,
un rettilineo dove potersi addormentare.

C'erano le sue gambe come ramoscelli,
prosciugate,
quasi assorbite dal materasso.

C'era il suo passo incerto e coraggioso da dimenticare.

E stringevo il volante
con il peso di quel portone richiuso alle spalle,
senza forze né conforto.

Il sorriso dell'Angelo è contagioso
e non taglia le labbra come il bordo del bicchiere.
Il petto si gonfia di quella gioia che strapperebbe le ferite suturate
e che continua a dolere un po'.

Stringevo il volante guidando verso la normalità e urlavo come un pazzo.

Nessun percorso alternativo.
Siamo arrivati.
Siamo tornati.
Anche le sue gambe.

Il petto di ognuno si distende, come fosse un dipinto.
Le cuciture come segnalibro.
Il mondo non farà a meno di quest'opera d'arte.

                                                                      (Enrico Bonifazi - Dicembre 2013)

Fiori di cartapesta




E mi volto a guardare le tracce.
Nessuna speranza per quella maschera,
unico segno di riconoscimento per la dislessia del cuore.
E guardano,
guardano senza dire niente.
Sistemano di nascosto i graffi sulla carrozzeria.
Il portone è chiuso,
la finestra sprangata
e non busserò su quelle imposte imposizioni.
Non c'è il sole intorno a me... è in me
e mi nutre dall'interno.
Vado verso il blu del mio muro,
dove i fiori, senza cartapesta,
crescono anche all'ombra
e sono meravigliosi.


L'UOMO NERO



Ti aspettavo.
Ti temevo ma non sei niente.
Mi alzo di scatto quando sposti la mia sveglia indietro di trent'anni
e ti nascondi sotto al letto
a ridere sottovoce.
Ma ti sento.
Cerco la serenità che hai strappato dalle mie lenzuola
e tento di ritrovare il filo del mio russare.
Non esistono finestre che danno sui sogni
né danni nel periodo d'incubazione degli incubi.
Esisti quando io dormo,
vedo la tua coda nera rifugiarsi nel muro di mattoni squarciati.
Per un attimo rivedo i lividi e l'indifferenza,
poi sento il respiro al mio fianco
e la zattera di gommapiuma smette di impregnarsi e affondare.
L'uomo nero ha paura del sole e scappa
lasciando a terra orribili squame.
Non lo so quando ho smesso di ridere
e quando ho ricominciato a farlo;
non ho intenzione di smettere.
C'è una mano da cercare nel buio.
E' vicina.
Grazie.