sabato 25 febbraio 2017

About "LA LA LAND"




Sembrava difficile divincolarmi dall'istinto bastiancontrario che si contrappone alle innumerevoli acclamazioni ricevute da La La Land e dai "non puoi non andare a vederlo!" ai quali amici e media mi hanno sottoposto quotidianamente per settimane. Una volta trovate le energie per "svestirmi" da questa crosta fatta di ostilità c'è stato solo da guadagnare.
La La Land è un'ondata che ti scaraventa al suolo e ti trascina al largo con la sua risacca ma che riesce a metterti in agio e a cullarti insegnandoti dolcemente a cavalcarne la forza comunicativa. Un film, dicevo, che ho iniziato ad amare mentre ancora ero intento a scrollarmi di dosso l'uragano di aspettative che ne ha accompagnata l'uscita. Scorrono ancora i titoli di testa quando il regista Damien Chazelle (noto soprattutto per il jazzistico WHIPLASH) affondando il pennello nel grottesco intrinseco dal quale un musical non può prescindere, tramuta un ingorgo stradale in una coreografia che è un inno alla speranza e alla convinzione di farcela perché i veri sogni non implicano il sonno, a loro è sufficiente "Another day of Sun". Apparentemente sono le stagioni a scandire i tempi del film con didascalie (autunno, inverno, primavera, estate) che marcano i capitoli della storia di Mia Doland (EMMA STONE) e Sebastian Wilder (RYAN GOSLING) ma nel concreto a farlo sono i loro sogni. Non si tratta del desiderio di ricchezza che sempre s'intende come "il sogno americano" ma di qualcosa di intimamente legato alla loro arte (lei aspirante attrice e lui musicista deciso a salvare il jazz), un sogno dell'anima, come rivelano i due protagonisti attraverso i ricordi del loro passato ben "confezionati" in raffinati dialoghi alternati (con coinvolgenti tempistiche) ad eleganti (e quasi fatati) balletti. Il sogno però ti porta a volare e cadere bruscamente e SEMPRE impone scelte e sacrifici. Ogni musical in fondo è il cilindro di un prestigiatore e tutto trova spazio; nulla viene sottratto alla credibilità anche se vedi spuntare magicamente scarpe jazz-style dalla borsa di Mia che prontamente le calza dando vita, insieme a Sebastian, ad un passo a due sotto la volta stellata di Los Angeles sul tornante panoramico che porta ad Hollywood. La colonna sonora ricalca alcuni stereotipi del musical classico, con arrangiamenti ispirati al passato, ma sa distinguersi grazie ad alcuni tocchi magistrali e gli stacchi di jazz.
È un film che racconta di un amore, certo (niente di speciale diranno molti) ma quando l'amore è credere più nel sogno dell'altro che nel proprio (reciprocamente), quanto è grande!
Gli occhi della Stone comunicano e gorgheggiano al pari della sua voce (recentemente l'attrice ha esordito a Broadway ma fin da piccola il musical le ha dato un imprinting) introducendo gli spettatori all'interno dell'anima (assai più complessa di quanto argomento e trama lascino trasparire) del film. I sogni, in generale, devono però fare i conti con il risveglio e la felicità è semplicemente l'esser felici e non l'aver ottenuto tutto.
Gosling (bravissimo anche lui) si conferma un grande musicista nonché validissimo "ambasciatore" dell'amore per il Jazz (attraverso il suo personaggio) che sappiamo appartenere a Chazelle; le sue dita premute sul pianoforte "aprono il forziere" dando vita alla sequenza quasi empirica, che gonfia il petto e le ghiandole lacrimali quasi a sturare i condotti dei più solidi "non sentimentali" e che conduce verso il finale del film; ed io, romantico solo qualche volta, mi lascio invadere vista e udito da un valzer che in un certo senso sembra "riconoscere" tutti noi in sala e al quale siamo riconoscenti. Scorrono sullo schermo le immagini di una realtà parallela con colori e suoni simili al gran finale di uno spettacolo di fuochi d'artificio. Una raffica di bellezza che abbiamo l'onore di vederci e sentirci piovere addosso e (sentimento comune ad ogni spettacolo gradito) si teme il momento in cui il finale arriverà davvero, proprio come quando il cannone del fuochista spara per la terza volta e rimane soltanto il cielo buio. Restano la magnificenza e una leggera malinconia per qualcosa che non si potrà più vedere per la prima volta.
La La Land è un capolavoro che verrà celebrato per decenni e io l'ho amato così tanto da provare una profonda gratitudine, sensazione che solo l'arte (l'arte VERA) riesce a regalarmi.

                                                                                                      Enrico Bonifazi (cinerubik)