domenica 26 aprile 2020

About "THE LIGHTHOUSE"



Robert Eggers, già regista dell'esoterico "The Witch", firma il visionario e onirico  "The Lighthouse", film sui disagi della solitudine amplificata e sui sottili equilibri psichici dell'essere umano.
La vicenda si svolge interamente su di una (non meglio identificata) isoletta canadese dove, verso la fine del 1800, sbarca un giovane di nome Ephraim Winslow (Robert Pattinson) con l'incarico di coadiuvare il veterano e intransigente guardiano del faro Thomas Wake (Willem Dafoe). I due, da consegna, resteranno isolati dalla terraferma per due settimane. La convivenza risulta da subito complicata nonostante l'abnegazione di Ephraim e il suo rispetto (a denti stretti) delle severe direttive impartitegli. Ha inizio tra i due un'alternanza disordinata di silenzio e sproloquio, armonia e intolleranza. Gli equilibri (e i nervi) del ragazzo vengono costantemente messi alla prova dall'isolamento e dai compiti degradanti come svuotare entrambi i pitali, sgorgare il pozzo delle acque putride o trascinare per chilometri una carriola sovraccarica di carbone lungo una strada sassosa e impervia. Soprattutto il perentorio divieto di avvicinarsi alla cima del faro, imposto da Wake al suo subalterno, viene maldigerito e sarà ciclicamente causa di conflitto.
Il giovane, barricato dietro la propria tenebrosa reticenza, osserva perplesso la bizzarra "relazione" feticistica che sembra legare il guardiano alla luce del faro e, in una spirale di "panico", visioni, onanismo, superstizione (galeotta fu l'uccisione di un gabbiano) e alcool, perde progressivamente la capacità di raziocinio, divorato dal desiderio irrefrenabile di raggiungere proprio quella luce interdetta.
Aragoste, teste mozzate, tentacoli, volatili guerci che reincarnano marinai defunti, baccalà rancido, donne con la coda di pesce e acqua al sapore di merda e piscio sono gli espedienti narrativi (sospesi tra tanto sogno e poca realtà) scelti da Eggers per trasporre questo racconto incompiuto di Edgar Allan Poe. Due "naufraghi" di poche parole brevi e taglienti che sanno diventare loquaci "lubrificando" i "condotti" sociali con superalcolici. La convivenza forzata di ognuno con l'altro e con il proprio io.
Una narrazione pretenziosa, una sciarada, un tuffo nel disagio grazie a un sonoro martellante, pioggia incessante e una sporcizia chiamata continuamente in causa, che conduce al geniale parallelo con il mito di Prometeo, colui che rubò il fuoco agli Dei per donarlo agli uomini (più per la macabra sanzione inflittagli da Zeus che per le analogie fra luce e fiamme).
È la nota storia della pallina che poggiata su un piano inclinato (non importa quanto) rotolerà sempre più velocemente verso il basso. Metafora che cinematograficamente, a simboleggiare un'inesorabile uscita di senno, sua maestà Stanley Kubrick rappresentò con un ascensore dell'Hoverlook Hotel in fase di discesa dalle cui porte sgorgavano ettolitri di sangue. Era la mente di Jack Torrance, piegata dalla stessa solitudine (nel film Shining).
Tanto più pesa il fardello che ci portiamo appresso, tanto più siamo deboli e fragili.
Eggers rinuncia ai colori freddi e ben "calibrati" usati in "The Witch" preferendo loro un bianco e nero dai marcati contrasti che rende nero e argenteo il mare nordico e "ammortizza" il disgusto per sangue, interiora ed escrementi. Personalmente ho ringraziato più volte col pensiero l'assenza di cromia. Il rapporto video (circa 4:3) è azzeccatissimo e trasmette quel pizzico di claustrofobia in più, tanto necessario quanto affascinante.
Applausi a scena aperta, quindi, per la fotografia (geniale e d'altri tempi) ma non dimentichiamoci delle interpretazioni degli attori, davvero bravi a comunicare prima col viso poi con le parole.
Una piccola perla di film, capace di farmi sentire "stranito" (ma forse il termine giusto sarebbe "freaked out", come dicono gli anglosassoni) in un periodo in cui troppe volte il cinema lascia indifferenti. Dopo la visione mi sono sentito come al terzo calice di vino assorbito via wi-fi ed è appunto dopo un bicchiere di buon rosso che ho deciso di scrivere queste righe (la sobrietà totale non ha voce in capitolo). "The Witch" mi lasciò perplesso; "The Lighthouse" mi ha lasciato perplesso ma appagato.
   

Enrico Bonifazi




2 commenti:

  1. Quasi un film "underground" degli anni '70 dei giorni nostri.
    Suggestivo il paragone con Shining. Comunque l'elemento che più mi ha colpito è il ruolo del gabbiano..

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  2. Ciao Riky. Il secondo conflitto tra il gabbiano e il ragazzo è il vero punto di non ritorno. La superstizione che sembra concretizzarsi. I simboli e i messaggi figurati sono presenti e hanno, infatti, grande peso. Io però ho ancora negli occhi il sagace utilizzo degli spazi; ristretti, poi ampi all'esterno, poi in altezza con una magnifica carrellata che partendo dalla spiaggetta sembra arrampicarsi sul faro. Faro, peraltro, costruito appositamente per il film e non demolito su richiesta degli abitanti del luogo. Magnifico.

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