La notte è una prospettiva
e da lei mi lascio sopraffare,
scordandomi delle stelle
come ci si dimentica una lanterna
accesa.
Quelle luci,
milioni di miliardi di bussole,
fuochi fatui,
miraggi.
Ah saperle leggere!
Il mare come un foglio di carta.
Un'enorme massa d'acqua che alterna
quiete e tempesta
e non ha strade.
La meta è ogni orizzonte, ogni alba,
ogni tramonto.
Abbasso lo sguardo con orgoglio su ogni
mia cicatrice.
Le onde che schiaffeggiano la chiglia
sono carezze al confronto.
Negli occhi degli altri vedo le paure.
Il terrore dello scorbo, della
dissenteria,
dell'ultima onda, della coda del
leviatano.
Il leviatano...
Un sogno intrappolato in un mirino
incapace di raggiungerlo.
Mi specchio nel metallo levigato
e so riconoscere anche la mia... di
paura.
Temo che la mia follia non sia
sufficiente
e che il mio sogno sarà, sempre,
appena qualche metro avanti alla
Pequod.
Poi, oltre lo sguardo,
all'interno,
vedo la determinazione.
So che non mollerò.
Sono il burattinaio che muove i fili
delle mie brame.
Salteranno via unghie e denti
mentre resterò aggrappato
e se nessuno vorrà bagnarsi,
non uno spruzzo di queste spume lo
raggiungerà.
C'è la bruma sul mare stasera,
ma domani ogni singola goccia
risplenderà come una gemma.
Respiro salsedine e spermaceti.
Non mi hanno stancato mille vittorie...
non potrà farlo una sconfitta.
Chi non ha paura non è coraggioso.
Lo è chi le proprie paure affronta.
Enrico Bonifazi (20/2/2014)
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