sabato 3 settembre 2016

IL "SATIRICO" Menù di Charlie Hebdo





E così, oggi ci si arrampica sullo specchio della definizione di satira. Certo, scoprire che nemmeno vignettisti affermati conoscano le origini dell'arte letteraria che li nutre è imbarazzante, ma ancora di più lo è utilizzarla (quell'arte) per partorire una vignetta disgustosa e misera. Sono contento che ognuno possa dire ciò che pensa e la stessa cosa vale per Charlie Hebdo. Come potrei sapere quanto è ridicolo un Salvini (tanto per citarne uno) se gli fosse impedito di parlare? Se nello staff di Charlie Hebdo ci sono persone completamente prive di empatia che per far riflettere hanno bisogno di denigrare una tragedia (è così da sempre s'intende), io lo voglio sapere per essere, a mia volta, libero di ignorare quella rivista, denigrarla o biasimarla. Mi viene da sorridere (amaro) quando qualcuno (come sempre accade in una discussione) si eleva e declama "ma VOI eravate!" e quel VOI non mi comprende. Poi c'è chi cerca di spiegare una vignetta che non nasconde proprio nulla, "scudandosi" dietro un attacco alla mafia (ma il disegno era fin troppo chiaro), anzi, potevano metterci anche un bambino (ne sono morti parecchi) sotto due travi e paragonarlo a un cannolo già che c'erano. Questa dunque è la satira che farebbe riflettere? Non era sufficiente quindi un sisma che aveva già aperto dibattiti e accuse? E la famiglia di Accumoli sterminata nella casa antisismica per il crollo di un campanile, dove la si colloca in questo "menù"? Se questa è la satira allora lo è anche la fotografia del bambino siriano annegato un anno fa. No, la satira deve criticare il sistema rispettando le persone. L'unico francese contemporaneo che amo leggere, Daniel Pennac, ha scritto ieri, intervistato da Repubblica, che "quel disegno è IDIOTA ma questo non toglie nulla alla libertà di espressione". La penso come lui, in un mondo dove ci si schiera sempre (guardie/ladri, immigrati/italiani, bianco/nero) disegnare una merda o dire che tal disegno fa schifo non è schierarsi ma semplice libertà.

                                                                                                         Enrico Bonifazi
                                                                                        (Il copyright delle due vignette è di Charlie Hebdo)