lunedì 18 maggio 2020

About "STILL ALICE"




Alice (JULIANNE MOORE) è una brillante docente universitaria che tiene lezioni sullo sviluppo cognitivo e sulle neuroscienze. È benestante e ha una famiglia come ce ne sono molte, con piccoli problemi e qualche "grinza" stirabile. Il suo calvario inizia un pomeriggio, quando durante il suo allenamento di jogging perde l'orientamento, incapace di ricordarsi la strada di casa. Le viene diagnosticata una gravissima malattia degenerativa: il morbo di Alzheimer. A soli cinquant'anni Alice deve combattere il nero vortice che risucchia la sua memoria senza alcuna speranza di vittoria. La coppia Glatzer-Westmoreland, alla regia di STILL ALICE, offre una prospettiva focalizzata principalmente sulla protagonista della vicenda, non allargandola mai al resto della famiglia. Rarissimi, quasi assenti sono i dialoghi tra il marito di Alice (ALEC BALDWIN) e i loro figli quando lei non è presente e manca totalmente un punto di vista amicale. Detto questo, il messaggio che viene dal film è che la memoria non è semplicemente definibile come un insieme di ricordi, la memoria è la vita e perdendola non siamo più noi ma semplicemente un corpo. Da questa considerazione nasce il titolo STILL ALICE, che sembra un vessillo che sbandiera nell'animo della persona affetta da qualcosa di inestirpabile ma pronta comunque alla sfida; è il suo segnale di lotta: IO SONO ANCORA IO, Alice è ancora Alice. L'ampiezza del dramma seguendo la narrazione del film non si percepisce appieno, o meglio, distrugge e dilania a intermittenza la protagonista fino al suo ultimo residuo di consapevolezza ma non può (per scelta)  render nel miglior modo possibile l'idea dell'intreccio di dolore familiare che c'è dietro, della pena straziante causata dal vedere una donna ancora giovane "svanire", non riconoscere figli, dimenticare e dimenticarsi. La bravura della Moore è indiscutibile (il film le è valso l'Oscar) ed è l'innegabile valore aggiunto di un film che considero bello quanto incompleto. Non è soltanto la persona a "subire" la malattia ma anche tutti coloro che l'amano e non è la persona che pesa sui familiari ma la malattia stessa che s'impone sulla famiglia. Richard Glatzer, regista scomparso da pochi mesi a causa della SLA, ha voluto descrivere il vuoto, il sole e la tempesta che si alternano nel soggetto, solo nella propria casa, solo nel proprio mondo, estraneo ovunque. Un'idea, questa, che ho apprezzato (in parte) ma che non può raggiungere le radici di un'esistenza. Momenti di pura commozione e mai un sospiro di sollievo. Inesorabile è la parola che meglio può convivere nella stessa frase accompagnata a morbo di Alzehimer. Il corpo è lì, resta lì e ci sono ancora occhi da fissare, guance da baciare, per molte persone questo allevia il dolore, per altre lo amplifica e in questo film, a mio modesto parere, manca la loro voce.

(pubblicato anche come Cinerubik)