giovedì 20 agosto 2020

About "GRETEL E HANSEL"

 

 

Oz Perkins, figlio del "real" Norman Bates, dirige il suo terzo lungometraggio restando fedele ai suoi temi prediletti (misticismo, esoterismo, gotico), sventrando una favola (già di suo macabra) dei fratelli Grimm. Le vicende di Hansel e Gretel e della casetta di marzapane che tutti abbiamo amato da bambini diventano "Gretel e Hansel" con un ribaltamento di gerarchie che non riguarda solamente il titolo ma focalizzano l'attenzione sulla ragazzina come vera protagonista. Le "fondamenta" del film sono composte da un prologo intenso e inquietante in cui lo spettatore viene preso per "mano" da una voce narrante e trasportato in un (non specificato) paese medievale "lontano, lontano". Una bambina, dopo essere stata salvata da una fattucchiera perché in pericolo di vita, inizia a manifestare percezioni extrasensoriali (e non solo) e viene per questo dapprima venerata per poi divenire vittima della superstizione e delle paure dei villani che la scacciano in seguito a strani accadimenti. In un altroquando, l'adolescente Gretel e il fratellino Hansel vengono minacciati di morte dalla madre (vedova, instabile mentalmente e ridotta alla fame) e costretti ad abbandonare la loro casa. Si ritrovano così a vagare per luoghi, boschi e dimore inquietanti alla ricerca di una nuova vita (e anche di loro stessi) finché stremati e vinti dalla fame, i due orfanelli accettano l'ospitalità di un'anziana signora estremamente gentile e accogliente (in realtà di una pacatezza inquietante, ma lo sappiamo già). La vechia apre loro la porta della sua casa in mezzo al (cupo) verde della foresta dove li aspettano un banchetto degno di un Re e molte, moltissime sorprese. 

In ritardo sull'ondata delle favolette dark che "sbocciarono" a seguire del fenomeno letterario "Twilight" (Cappuccetto rosso sangue, Biancaneve e il cacciatore -solo per citarne un paio), arriva questa fiaba "centrifugata" che fa un po' da risacca. Nessuno si aspetta sassolini bianchi o pane sbriciolato lungo il sentiero né tantomeno due bambini affamati e golosi che addentano pezzi di cornicione o qualche tegola, tuttavia il risultato finale è torbido, poco chiaro. Nello stravolgere eventi indelebilmente marchiati nella nostra memoria a lungo termine, non si fa quadrare il cerchio (o meglio, il triangolo). La giovane Sophia Lillis (It, Sharp Objects, I'm Not Okay With This), ormai consacratasi come Cinderella horror 2020, è bravissima col suo musetto lentigginoso e il suo taglio anticonforme al medioevo e alla sua femminilità a comunicare con il pubblico in sala. Si percepiscono bene, dubbi, responsabilità e paura. Tutto però prende una strada inattesa (i superpoteri vincono contro l'astuzia) e un "graffito" a vernice nera diviene un murales che prende via via colori eccessivi, non necessari. I punti interrogativi però (più di qualcuno) nessuno li cancella e la trama appare come un sentiero che la piccola Gretel sembra aver imboccato già dalla nascita (il cosidetto destino), facendomi riaffiorare dall'oblio February, dallo sviluppo molto simile e dalla medesima regia. Qualche spavento si sussegue (l'atmosfera è top e lo splatter pure) anche se alcune trovate, il buon Perkins, poteva risparmiarsele (i capelli che escono dalla bocca potrei citarli in una dozzina di film) ma non resta nulla di memorabile a parte i boschi dell'Irlanda. Insomma una mezza paccottiglia questo "Fairy tale-horror" anche viste le mie attese (prima nuova uscita post lock-down anche se girato due anni fa). Una riapertura in sordina delle sale che fa un po' da aperitivo al vero oggetto del desiderio che è Tenet, di Nolan, la prossima settimana. Non mancherò. 

 #GretelEHansel

#SophiaLillis  #OzPerkins

Cinerubik


lunedì 17 agosto 2020

FERRAGOSTO

 

 

Ferragosto di riso freddo e risa calde.
Noi, puntini bianchi tra coriandoli d'ombrelloni,
raccolti nel granducato della sabbia fresca.
Fragranze di braciola e noce di cocco
non dalla dispensa
ma da pelle umana.
Il cielo blu è un piano cottura.
"Sia gentile, vorrei un caffè, due gelati e una nuvoletta,
anche piccola".
La cassiera mi guarda.
Alla maschera chirurgica
preferisce l'ipocrisia di un sorriso.
Ciò che non si vede non si percepisce.
Ciò che non si vede e non si percepisce non c'è.
Il CoViD è all'estero in vacanza sulle isole greche,
dicono.
E Dio?
Pesci, meduse, granchi, paguri e razze.
Troppa vita ed è bello abituarcisi.
Alza il volume che me ne sto andando.
È ferragosto
ma non conta dove né quando:
conta insieme a chi.

 

                                               (Enrico)

       -fotografia tratta da Fantozzi Subisce ancora-

domenica 16 agosto 2020

About "WARM BODIES"

 

 

 

Lungo terreni battuti e cinematograficamente poco fertili (l'ennesima apocalisse zombie) passando per un cast "piacione" (Nicholas Hoult e Teresa Palmer), sbirciando (scopiazzando?) altre sceneggiature (Twilight) e omaggiando goffamente Shakespeare, nasce Warm Bodies, un lungometraggio diretto da Jonathan Levine che coniuga horror, splatter, azione e sentimento.
In un mondo con poche migliaia di sopravvissuti, gli zombies vagano senza meta alla continua ricerca di cervelli da divorare, tenuti a debita distanza dai vivi per mezzo di un enorme muro che impedisce loro di avvicinarsi alla residua civiltà. Continuamente vengono organizzate rischiose spedizioni per recuperare ogni risorsa dal mondo "zombificato" (alimenti, carburante e soprattutto farmaci) che espongono i volontari al rischio delle proprie vite. È durante una di queste sortite che Julie (Teresa Palmer) e R. (Nicholas Hoult) vengono a contatto. Egli, dopo aver divorato il cervello del fidanzato della ragazza e averne rivissuto i ricordi, inizia a dominare i propri istinti famelici e decide di salvare la ragazza da se stesso e dall'appetito dei suoi simili. L'unica possibilità per Julie è fingersi morta e seguire i consigli di R. per sopravvivere in un mondo pieno di insidie dove altro non è se non una preda. La convivenza porterà i due (volenti o nolenti) a (ri)conoscere le proprie diversità e a capire le esigenze l'uno dell'altra.
Un film talmente pop, che più pop non si può. Zombie e amore, come a proseguire la strada imboccata dalla Meyer con vamiri e lupi mannari (il film peraltro vanta gli stessi produttori di Twilight), che si avviluppano a una morale forse ridondante nel cinema (diversi ma uguali) lasciando spazio, negli accenni di distopia, anche a sottintese citazioni orwelliane (alcuni sono più uguali degli altri), vedi gli "ossuti" (il non plus ultra degli zombies), al cui confronto R. e i suoi simili paiono umani. La vicenda è raccontata da R. che nella sua filosofia Zombie si rivela fin dalla prima scena una "mosca bianca", un elemento pensante che cede ai propri istinti seppur consapevole di quanto questo non sia normale.
Carina la strizzata d'occhio a Romeo e Giulietta che salta alla mente ascoltando i nomi dei protagonisti (Juliet e R); un po' artificioso il ruolo dell'autoritario "signor Capuleti" interpretato da un redivivo John Malkovich al quale affibiano un cognome italiano (Grigio) e infine (ebbene sì) non poteva mancare la scena del balcone.
Il messaggio è dunque attuale (ritrito) ed è un monito di speranza per chi crede nell'integrazione. Non si fanno attendere azione e badilate di buonismo. Ci si aspetta ciò che accade e accade ciò che ci si aspetta. Divertente e appagante sotto certi aspetti ma pressapochista, banale e "too rushed" nel districare alcuni nodi essenziali, Warm Bodies è un film che non mi sento di consigliare agli amanti dei "Walking Deads" né a chi predilige trame con messaggi impegnati. 

 

 

 

Apprezzabile per i bei visi dei protagonisti (Hoult troppo figo per essere un cadavere in putrefazione) o per gli estimatori di Malkovich, il film è un prodotto commerciale con qualche trovata spassosa (le selezioni musicali top con Pretty Woman e With a Girl Like You) ma infarcito di luoghi comuni che s'incastrano come i pezzi del puzzle per ragazzini e lasciano quel senso di "povertà" di contenuti ma ricchezza di morale (comunque spicciola) più da fiaba che da film.