allungo
le mani e ti trovo.
L'aria
che respiro mi tiene in vita
ma
non mi emoziona quanto le tue palpebre chiuse.
É
il valore occulto dell'insonnia;
il
lumicino che permette a pupille e cuore di dilatarsi un po'.
Sento
il bisogno di nutrire quel che ora sono
e
servono le carezze del tuo scalpello per eliminare le imperfezioni.
Lo
specchio non mi ha mai soddisfatto
e
aspetto di vedere quel che riflette il tuo sguardo
per
esser certo di saper chi sono e chi sarò.
Il
futuro lo conosco da sempre
e
brindo con lui alzando il calice della certezza.
Il
futuro lo scrivo, insieme a te,
mentre
il mondo sta ancora imparando a leggere
e
nessuno saprà mai “com'è andata a finire”
perché
non finirà.
Al
buio, i dettagli mancanti solleticano il pennello
e
la mano disegna i tuoi contorni.
La
luna posso anche spegnerla ora,
che non serve più;
non
servono ossigeno e proteine e nemmeno il sonno
ma
è necessario averti all'estremità delle mie dita.
L'oscurità non conosce i nostri confini, troppo distanti da lei.
Tra
pocogli occhi si schiuderanno
ed
estrarrò la quotidianità che amo dal mio giacimento delle cose
importanti.
Domani
è già oggi e la gente si lamenterà
perché ciò che possiede perde valore
o
perché piove al mare o fa freddo d'estate.
La
strada è lunga e parte dai lembi delle lenzuola
ma
inizia sempre nel modo migliore,
e
piano piano, battito dopo battito, il sole arriva
ed
è abbastanza bello da distrarmi
ma
non tanto quanto lo sei tu.
Enrico
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